Israele e Medio Oriente

Miti immarcescibili: Appunti su un capitolo

In questi giorni è uscito in libreria un nuovo libro di Carlo Panella, “Il libro nero di Hamas: L’antisemitismo islamico e il miraggio dei due Stati” (Lindau). Panella è da anni attento commentatore della realtà mediorientale e in Italia uno dei più competenti conoscitori della galassia jihadista e del radicalismo islamico, tuttavia, nel suo nuovo testo, il capitolo dal titolo, “L’errore di Israele: i coloni e il revanscismo biblico”, presenta delle forti criticità, facendosi ricettacolo di tutta una serie di gravi errori e deformazioni che pur nell’apprezzamento dell’ottimo lavoro del giornalista, non possono essere sottaciuti. David Elber si è incaricato di evidenziarli.

[n.d.r]

A pagina 138 del suo ultimo libro, Carlo Panella scrive perentorio: «L’occupazione israeliana conculca larga parte dei diritti civili dei palestinesi e deve cessare. Punto.». 

Il problema di questa affermazione apodittica è che non c’è nessuna occupazione. Il territorio di Giudea e Samaria, o Cisgiordania, o West Bank, (denominazioni successive e spurie) non è mai stato “occupato” da Israele perché apparteneva già, dal 1922, in virtù di quello che stabiliva il Mandato britannico per la Palestina, al popolo ebraico. L’occupazione ci fu, è corretto, ma fu quella illegale della Giordania che si protrasse per diciannove anni.

Nel 1967 Israele riconquistò ciò che già gli apparteneva di diritto. Tuttavia, se proprio volessimo considerare quella di Israele una “occupazione” essa è terminata nel 1994 con il trattato di pace siglato con la Giordania. Inoltre, con gli Accordi di Oslo del 1993-1995, il 95% della popolazione palestinese è amministrata dall’Autorità Palestinese che ha tutte le competenze civili e di sicurezza sulla popolazione palestinese. Se ne deve forse non peregrinamente desumere che chi “opprime” i palestinesi sono i palestinesi stessi? 

Sempre a pagina 138, Panella scrive «resta sul tappeto l’ostacolo principale per la nascita di uno Stato palestinese: i coloni israeliani». 

Questo è un vecchio refrain, caro a tutte le  amministrazioni americane post Jimmy Carter, con la lodevole eccezione dell’Amministrazione Trump, e a tutte le Cancellerie europee che, a ricasco americano, lo ripetono senza sosta, ma si tratta di una menzogna. Perché i coloni sarebbero un ostacolo? Perché lo dicono i palestinesi? In nessun altro caso al mondo relativo ad una contesa territoriale che implica “dei coloni” essi sono mai stati considerati un “ostacolo”.

Solo alcuni esempi:

Trattative tra Cambogia e Vietnam: i “coloni” vietnamiti non sono mai stati considerati un ostacolo alle trattative mediate da ONU e Francia. Trattative tra Marocco e Sahara Occidentale: il fronte del Polisario in rappresentanza del popolo saharawi ha chiesto l’allontanamento di tutti i “coloni” marocchini dal territorio del Sahara occidentale rivendicato ma ONU e Stati Uniti in qualità di mediatori hanno rifiutato la richiesta. La stessa cosa si può dire per il caso di Cipro, dove i greco-ciprioti hanno richiesto l’allontanamento di tutti i “coloni” turchi. Nessun mediatore, neanche l’Unione Europea, della quale Cipro fa parte ha mai considerato i “coloni” turchi un “ostacolo alla pace”. Israele dovrebbe fare eccezione. Perché?

Continuando a pagina 138, «I coloni in Cisgiordania sono cresciuti in proporzione geometrica nei 16 anni di governo di Bibi Netanyahu». Poi a pagina 141: «A seguire, la crescita esponenziale degli insediamenti si è avuta con i governi del Likud di Bibi Netanyahu dal 2009 in poi,»  

Falso. La maggior parte degli insediamenti sono stati costruiti nell’arco di tempo che va dal 1967 al 1993. Dalla stipula degli Accordi di Oslo del 1993 fino ai primi anni 2000, sono sorti solo 9 nuovi insediamenti.

La grande crescita demografica invece, si è verificata tra il 1992 e il 1996 (periodo di governo laburista in Israele) e si è avuta all’interno degli insediamenti già esistenti. Questa crescita è stata pari al 50% della popolazione. Solo cinque nuovi insediamenti sono stati costruiti negli ultimi venti anni. Essi sono stati costruiti ottemperando alle competenze che gli Accordi di Oslo hanno fornito alle autorità di Israele.  

Panella prosegue, «Nel 2024 i coloni sono 470.600 e a loro si aggiungono 230.000 cittadini che abitano nella zona est e nord della giurisdizione municipale di Gerusalemme (un settore potenzialmente palestinese) da Gilo a Ma’ale Adumim». 

Considerare gli abitanti ebrei di Gerusalemme come “coloni” è del tutto inaccettabile. Per fare un solo esempio, nel 1948 i giordani fecero pulizia etnica a danno degli ebrei che vivevano nella parte est di Gerusalemme e in Giudea e Samaria. Furono vittime di pulizia etnica circa 70.000 persone (oltre il 10% della popolazione ebraica del Mandato). La maggior parte di essi viveva a Gerusalemme. Per Panella, evidentemente, coloro che sono tornati alle loro case e i loro discendenti sono “coloni”. Sulla base di questo criterio sono da considerarsi “coloni” i sopravvissuti dai campi di sterminio o chi fu cacciato dalle proprie case a seguito delle leggi razziali? 

«Ulteriore e gravissimo tema: attorno agli insediamenti ufficiali, il governo di Israele ha steso la cortina di «zone militari di protezione», interdette ai palestinesi» 

Come fa Panella a non sapere che gli Accordi di Oslo sottoscritti dai palestinesi, forniscono a Israele tutte le competenza amministrative e di sicurezza nell’Area C dove sorgono tutti i centri abitati da ebrei, motivo per il quale, la sicurezza è fornita dall’esercito israeliano così come è sottoscritto dai palestinesi? Il “gravissimo tema” di cui scrive Panella è pertanto inesistente.

A p.139 troviamo scritto, «Non è infatti pensabile che lo Stato palestinese nascente sia privato della sovranità sul territorio che i coloni hanno occupato.»  

Repetita iuvant. I “coloni” o meglio i cittadini di Israele non hanno “occupato” nulla. Circa il 5% dei centri abitati da ebrei è stato regolarmente comprato da proprietari arabi che lo hanno venduto a caro prezzo. Oltre il 90% risiede in terre demaniali concesse dalla Stato di Israele in leasing quindi di proprietà dello Stato. Meno dell’1% risiede in terreno di proprietà araba confiscato (ma indennizzato economicamente). In ogni caso l’ultimo episodio di esproprio di territorio di proprietà araba è avvenuto nel 1978. Vogliamo dare la colpa a Netanyahu anche di questo?

Dopo il ricorso fatto dai proprietari alla Corte Suprema di Israele, noto come il caso “Dwaikat contro Israele del 1979”, o caso Elon Moreh, praticamente non ci sono stati più espropri per la costruzione di centri abitati. I pochissimi casi avvenuti riguardano delle istallazioni militari. Cosa peraltro legittima per le leggi internazionali.

Pagine 139 e 140: «L’ideologia fortissima dei coloni israeliani, in una Cisgiordania che chiamano Giudea e Samaria in omaggio al biblico regno di Israele, infatti si basa su un presupposto storico-religioso:» 

I “coloni” israeliani chiamano la Cisgiordania con il loro vero e, sempre utilizzato nome, che è appunto quello di Giudea e Samaria. Se il fatto che sia di natura biblica pone un problema, sarà necessario cambiare il nome anche a Gerusalemme. Questi territori, nel corso dei secoli, anche durante il periodo ottomano durato 400 anni, si sono sempre chiamati Giudea e Samaria per designare questa area geografica (dal punto amministrativo i nomi erano quelli della città capoluogo). Inoltre, anche gli inglesi durante il periodo mandatario avevano utilizzato il termine di Samaria per designare un’area amministrativa. Infine anche l’ONU nella Risoluzione 181 (quella della proposta di partizione) avevano indicato quelle aree geografiche come Giudea e Samaria. Erano forse tutti dei fanatici religiosi?

Ultima annotazione: il termine “Cisgiordania” o West Bank nasce solo a partire dal 1950 quando la Giordania si annesse, illegalmente, questi territori che si trovavano nella “parte ovest del Giordano” mentre tutto il resto del territorio del regno era nella parte est. Quindi, il termine, è frutto di un’azione illegale compiuta dai giordani. Perché questo termine dovrebbe avere più valenza di Giudea e Samaria? Solo per una ragione semantica. Affermare infatti che gi ebrei “occupano” la Cisgiordania è sicuramente più orecchiabile per l’opinione pubblica dell’affermare che degli ebrei “occupano” la Giudea. Chi ci crederebbe?  

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